giovedì 14 maggio 2015

Quando il filo si radica nel territorio







“Regina reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello con la fede, con l’anello, con la punta del coltello?” Nonna Diomira aveva insegnato questo gioco ai bambini e loro si divertivano molto a fare gli ambasciatori che andavano al castello  imitando i passi più strani degli animali che si inventava la regina. Due passi da formica, per esempio, si camminava pianissimo; tre da gambero e si tornava indietro; uno da canguro e si saltellava; due da pecora…e tutti si misero a correre e la nonna disse: ma dove andate con questa corsa? Le pecore camminano! Ma nonna, fu la risposta, ci hai detto tu che in questo periodo le pecore hanno caldo con tutta la lana che hanno addosso: hanno visto l’acqua e volevano rinfrescarsi! Sì, ma non vi ho finito di raccontare che, quando la primavera riscalda le giornate, le pecore vengono tosate per alleggerirle dal peso della lana. Quando ero giovane per noi donne iniziava un duro lavoro perché tutta questa lana doveva essere lavata al lavatoio dove c’è l’acqua che scorre sempre pulita e poi asciugata al sole stesa su dei teli all’aia perché era il posto più grande del paese e la conteneva tutta e girata continuamente affinché si asciugasse per bene. Nonna, è poi come faceva la lana a diventare una maglia? Poi venivano in paese delle persone chiamate cardatori che, con uno strano attrezzo di legno pieno di chiodini, chiamato carda, allentavano la lana pulita e profumata rendendola pronta per essere filata.
Ma nonna, con tutto questo caldo tu ti mettevi a filare? Ma certamente no, questo era un lavoro che si faceva durante le lunghe giornate invernali quando ci riunivamo nelle stalle per stare insieme! Nonna, sempre più incuriositi incalzano i bambini, ma io non vedo in piazza tutta la lana che ci stai dicendo, non si tosa più in paese? Certo che si tosa, ci sono ancora pastori coraggiosi che con il loro lavoro non solo proteggono i bei paesaggi che abbiamo intorno, ma ci aiutano a non dimenticare e, innovandolo continuamente, lo portano avanti sempre più migliorato. Adesso i cardatori non vengono più in paese; una volta tosata la lana viene messa in degli enormi sacchi e trasportata in una città in Piemonte chiamata Biella, Patria della lavorazione e trasformazione dei filati, dove la lana viene lavata e poi filata (senza essere mescolati a filati artificiali), infine torna agli allevatori pronta per essere venduta. Nonna ma così non possiamo più dire che la lana è Abruzzese? Certo che possiamo perché le pecore da cui è stata tosata sono nate e cresciute nei  i nostri pascoli e la lana è stata alimentata dal sapore e dall’odore dell’erba e dei fiori dei nostri prati, inoltre questa collaborazione tra allevatori e trasformatori rende tutto più controllato e ognuno viene pagato il giusto prezzo per il lavoro che svolge, in questo modo tutti avranno i mezzi e la volontà per migliorare i prodotti sempre di più.
Nonna, tutto questo parlare ci ha fatto venire fame!!!! E come ogni volta nonna Diomira aveva già pronta la  ricotta (fatta con il latte di pecora) cosparsa di marmellata di ciliegie fatta con i bambini tempo prima (ma questa, magari, è un’altra storia).

                                          


Tornando ai nostri tutorial, se vi siete fatti prendere la mano nel fare i cuoricini della scorsa settimana e sono diventati troppi e, magari, sono di diverse dimensioni, potreste agganciarli a dei nastri o fili di lenza da pescatore e farne dei bellissimi acchiappasogni da appendere nei soffitti o nelle porte della vostra casa.



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