lunedì 29 giugno 2015

La notte di San Giovanni





“E domani è Santo Giovanni/fratello caro: è San Giovanni./Su la Plaia me ne vo’ gire/per vedere il capo mozzo/dentro il sole all’apparire/per vedere nel piatto d’oro/tutto il sangue ribollire” (da “La figlia di Iorio” G. D’Annunzio)

Nonno Paris aveva promesso ai bambini di portarli a fare una passeggiata notturna in montagna la notte di San Giovanni ed eccoli tutti indaffarati a prepararsi lo zaino e riempirlo di dolcetti (essenziali per la veglia al falò che era stato organizzato in paese), te caldo alla menta che aveva preparato la nonna e una mantella anti pioggia (perché non si sa mai!!!). Torcia in mano eccoli lì pronti per la loro avventura!
Nonno, ma ancora è chiaro fuori! Certo, questi sono i giorni del solstizio d’estate, le notti sono brevi. Dovete sapere che il 21 giugno il giorno è più lungo della notte  perché il sole sorge e tramonta sempre nella stessa posizione: è per questo che si chiama “solstizio”, vuol dire sosta del sole. Dal 24 giugno (giorno in cui la Chiesa ricorda la nascita di San Giovanni) riprende i suoi normali spostamenti e piano piano le giornate si accorceranno fino ad arrivare al 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, quando la notte sarà più lunga del giorno e il ciclo si ripeterà!


 Ma adesso attenti che dobbiamo trovare le erbe che abbiamo promesso alla nonna per i suoi lavori: menta selvatica da unire alla lavanda per profumare gli armadi; iperico per farci l’oleolito che servirà per lenire gli arrossamenti della pelle e il decotto di fiori e radici per tingere la lana e un po’ di noci da mettere in infusione per ricavarne un liquore delizioso!
Ai bambini sembrava tutto una favola: correvano e saltellavano di qua e di là lungo la valle, ogni tanto si fermavano a sentire il verso degli animali notturni; c’è stato un momento che gli era parso di scorgere una volpe tra i cespugli di un rovo di more.


 Il cielo era pieno di stelle. Guardate verso Est, disse il nonno, tra le costellazioni del Cigno e dell’Aquila, questo immenso “prato” di stelle si chiama Via Lattea e lì, verso sud, c’è Antares, la stella rossa, e ormai alto nel cielo, Il grande Carro e, a sfiorare l’orizzonte, Cassiopea… Ma quante cose sai nonno? Beh! Anch’io ho avuto un nonno che mi raccontava come riconoscere le stelle per potermi orizzontare quando con il gregge mi trovavo in montagna! Beh, è ora di scendere in paese, la campana rintocca la mezzanotte e stanno accendendo il fuoco.


Il falò di San Giovanni, antica tradizione pagana che si ripeteva ogni anno per propiziare i raccolti; tra il fumo del fuoco veniva fatto passare il bestiame per proteggerlo dalle malattie, e, quando la fiamma si abbassava, tutti saltavano le braci con un desiderio in mente da realizzare e alla fine, intorno agli ultimi bagliori si cantava, si ballava e si mangiavano dolcetti fino all’alba quando le ragazze, guardando il sole, cercavano di prevedere il loro matrimonio.



Dopo una notte così eccitante i bambini rientrati a casa sono crollati sulle poltrone e  nonna Diomira, tolte le noci dagli zaini, incominciò a preparare il nocino (una parte le lasciò per tingere la sua lana). Se volete provare a farlo, avrete bisogno di 13 noci (la tradizione vuole che il numero deve essere sempre dispari), 1 lt di vino rosso (buono), 250gr di zucchero, 250gr di alcol. Lavare le noci, tagliarle a spicchi e metterle in un vaso capiente in infusione con il vino, coprire con una garza e lasciare al sole per 40 giorni passati i quali filtrate l’infuso, aggiungete lo zucchero e l’alcol, mescolate bene e imbottigliate. Lasciate decantare per almeno un mese e il mitico “nocino” è pronto da gustare.  


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