“Turbine si accosciò: dal suo
osservatorio scorgeva un ampio succedersi di cime, di colli, di valloni, di
fossati, di pianori e di boschi e su tutti dominava solenne il gigante
addormentato. Suggestionato e smarrito in tanta vastità, il lupo salutò il monte
con un lungo ululato, che riecheggiò terribile e cupo tra quelle gole profonde
e selvagge. Gli rispose un lontano latrare di cani.” (Da “I racconti di Mago
Tari” di Alfredo Marzi)
Nonno, nonno, guarda cosa abbiamo
trovato? La giornata era iniziata con nuvole grigie e una leggera pioggerellina
e i bambini, non potendo uscire, si misero a rovistare dentro il baule dei
nonni (cosa che gli piaceva moltissimo fare perché era come aprire lo scrigno
del tesoro dei pirati: non sapevi mai cosa aspettarti!). Trovarono un vecchio
libro che raccontava della vita della gente di montagna e degli animali che la
popolavano. Chi è il gigante addormentato? Ma come miei cari, davvero non
sapete chi fosse il Gigante addormentato? La vedete quella montagna laggiù all'orizzonte che divide la terra dal cielo? Non vi sembra di scorgere un uomo
che riposa? Ecco, quello è il Gran Sasso. Narra una leggenda che Maja, la più
bella delle Pleiadi, fuggì dalla Frigia (il suo Paese) per portare in salvo il
suo unico figlio Ermes, il gigante, caduto in battaglia. Dopo un lungo viaggio
trovò riparo tra i boschi e i monti d’Abruzzo per cercare l’erba miracolosa che
cresce ai piedi della montagna bianca, l’unica in grado di salvare suo figlio.
Ma la montagna era coperta di neve così ogni suo tentativo fu vano e Ermes
morì. Sconvolta dal dolore Maja lo seppellì sul Gran Sasso dove, ancora oggi,
chiunque osservi da levante, può riconoscere nel profilo della catena montuosa il
Gigante che dorme. Logorata dal pianto e dal dolore, dopo un lungo vagare per
boschi e monti, Maja morì sul monte che l’aveva accolta e che oggi porta il suo
nome “Majella”. Lì venne sepolta dai pastori che la ricoprirono di erbe
aromatiche e di fiori profumati, la montagna prese così la forma di una donna,
impietrita dal dolore, riversa su se stessa con lo sguardo fisso al mare.
Ancora oggi, quando il vento impetuoso si aggira tra gli alberi e i villaggi, i
pastori odono il lamento di una mamma in lacrime.
Per le genti d’Abruzzo la Majella
è la Madre, simbolo della fertilità della loro terra… è la terra stessa!
Oh! I bambini restarono incantati
dal racconto di nonno Paris e si ripromisero di andare a fare una passeggiata
tra quei boschi per cercare le erbe medicamentose…ma questa è un’altra storia
che racconteremo nella notte di San Giovanni.
Nel frattempo nonna Diomira aveva
preparato un delizioso pranzetto, dalla cucina veniva un delizioso profumino di
pasta condita con olaci e ricotta!
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