martedì 24 novembre 2015

... e li chiamarono Villaggi di Natale










"L’opera d’arte occupa un piccolo spazio, ma come l’atomo, può sconvolgere uno spazio immenso” (Maria Lai)

Come ogni anno in questo periodo, in ogni città, paese, villaggio, si organizzano mercatini di Natale.


A volte sono stands montati in un parco, a volte si rivitalizza un borgo semi abbandonato addobbando vecchie cantine o antichi pagliai. Ci sono luci, colori, profumi e, se si è fortunati, neve quanto basta per rendere tutto più magico.


Avete mai pensato a quanto lavoro c’è dietro ogni addobbo, ogni oggetto esposto, ogni nota musicale che rallegra i nostri animi?
 Se avrete l’occasione e la fortuna di entrare in uno di questi villaggi incantati, sfruttatela per andare oltre il vostro sguardo e assaporate il momento con tutti i vostri sensi.
 Vi si offre l’occasione di entrare in un Universo parallelo che ha il potere di fermare il tempo per regalarlo a voi!
 Prendetevelo questo tempo e soffermatevi davanti a ogni oggetto esposto, dategli una vita,  chiedete all'artigiano che lo ha realizzato come è arrivato a quella conclusione e ognuno di essi vi racconterà una storia magica fatta di studio e di ricerca del materiale, di accostamento di forme e colori; vi dirà il momento esatto in cui ha avuto l’ispirazione e vi renderà partecipe di tutte le prove fatte, le modifiche, il disfare e rincominciare da capo per renderlo così come lo vedete.


Vi renderete conto che la differenza tra un prodotto commerciale e uno artigianale è proprio questa: la storia.

                                                        (opera di Maria Lai)

E’ per questo che i prodotti artigianali sono tutti pezzi unici; possono essere simili, ma mai uguali perché ognuno è stato realizzato in un momento diverso della giornata, con un altro spirito, con altre emozioni e ognuno è contaminato da eventi allegri o tristi che riempiono le giornate di tutti.



…E se volete provare anche voi a cimentarvi in una tecnica e avete voglia di confezionare un paio di scaldamani, ecco qua! Munitevi di un uncinetto e 100gr di lana (magari quella che avete tinto seguendo la ricetta pubblicata la settimana scorsa): avviate 24 catenelle e chiudete a cerchio con una maglia bassissima; lavorare il primo giro con mezze maglie alte ogni catenella di avvio, mettete un segno al punto di inizio e lavorate in tondo a punto incrociato (saltare una maglia, una mezza maglia alta alla successiva, una mezza maglia alta a quella saltata). A 8 giri dall'inizio fare 5 catenelle, saltare 4 maglie e continuare la lavorazione in tondo (sulle catenelle continuare la lavorazione a incrocio) a 18 giri dall'inizio fare un giro a punto gambero e chiudere. Riprendere la lavorazione per il pollice sui punti lasciati in sospeso facendo 2 giri di mezze maglie alte, e 1 giro diminuendo ogni due punti. Chiudere. Fate l’altro guanto allo stesso modo.

 (Questa è la misura unica da donna)


martedì 17 novembre 2015

San Martino






“…ma per le vie del borgo/dal ribolir de’ tini/va l’aspro odor di vini/l’anime a rallegrar…”
(Giosuè Carducci)

A un certo punto dell’autunno, quando tutti sono pronti ad affrontare il freddo dell’inverno, ci viene concessa una pausa! Succede tra l’8 e l’11 di novembre, periodo che è arrivato a noi come “Estate di San Martino”. Sicuramente tutto questo avrà una spiegazione scientifica, ma noi, che in fondo in fondo siamo dei romanticoni, vogliamo pensare che si tratti del sole che ci vuole ricordare il gesto nobile di tale Martino di Tours, soldato della guardia Imperiale, che un giorno gelido di tardo autunno, mentre stava di ronda, vedendo un vecchio mendicante tremare dal freddo, si impietosì e gli donò metà del suo mantello per riscaldarsi.


Leggende a parte, il giorno di San Martino per i contadini finisce un anno di lavoro: tutti i raccolti sono terminati, le provviste sistemate, i terreni sistemati per le semine dell’anno che verrà. E’ tempo di festeggiare!


In molte parti della nostra Regione si accendono fuochi propiziatori, si cucinano prelibatezze di ogni genere e si assaggia il vino novello giacché “a San Martino il mosto diventa vino”. Tra le varie ricette di questo periodo, una mi è rimasta nel cuore: la pizza con i peperoni. Si tratta di una sfoglia sottile fatta con farina (500gr), uova(4) acqua (1 bicchiere), sale e una bustina di lievito istantaneo, ricoperta di peperoni fritti, arrotolata su se stessa, messa in una teglia, schiacciata leggermente e infornata per 45 minuti a 180°; con il nostro vino nuovo (in Abruzzo abbiamo solo l’imbarazzo della scelta) si abbina alla perfezione!



Se poi, come me, siete astemi o intolleranti e il vino, ahimé, non potete assaggiarlo, potete sempre utilizzarlo per tingere la lana (come poteva mancare la lana nel mio racconto!). Tutto quello che vi occorre sono 100 gr di lana naturale, 1 Lt di vino rosso, ½ Lt di acqua e una pentola: mettete la matassa di lana in ammollo nell’acqua per almeno 30 minuti passati i quali, senza strizzarla, passatela nella pentola, unite il vino e l’acqua, portate a ebollizione e lasciate bollire per un’ora. Togliere dal fuoco e fate raffreddare a temperatura ambiente, quindi risciacquate in acqua fredda fino a che non perderà più colore; mettetela ad asciugare appesa in un luogo ombroso e arieggiato. Il colore che uscirà fuori sarà una caldissima tonalità tortora e sarà pronta per essere lavorata; magari la prossima volta la intrecceremo insieme!


mercoledì 4 novembre 2015

Camminare sui ricordi






“Tradizione non vuol dire culto delle ceneri, ma custodia del fuoco” (Gustav Mahler)

Omaggiare la tradizioni non vuol dire lasciare alle “ceneri del fuoco” il compito di portarci le immagini di un tempo che fu; è molto di più, è tenere vivo quel “fuoco” che brucia nelle strade tracciate dalle vite di chi abita la nostra terra e alimentarlo con storie evocative capaci di entrare nei nostri cuori fino a farne vibrare ogni cellula e di lì uscire rinnovate pronte per essere riutilizzate ancora e ancora, di generazione in generazione, perché le tradizioni non sono fatte per essere chiuse in un cassetto come vecchie cartoline e cacciarle fuori solamente per essere messe in mostra!

 Le tradizioni sono il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro.

In qualunque posto vogliamo andare, qualunque obiettivo ci prefiggiamo di  raggiungere, il nostro punto di partenza sono loro, le tradizioni. Se non le conosciamo, se le abbiamo dimenticate, se le ignoriamo intenzionalmente, come facciamo a tracciare nuove strade? Come possiamo credere di fare a meno di tutto il sapere che ci hanno lasciato i nostri nonni? Come possiamo ripagarli di tutti i sacrifici, il lavoro, le lotte che hanno fatto per lasciarci un mondo migliore di come lo hanno trovato loro?

Le tradizioni sono le nostre radici, il punto da cui partire per vedere il mondo in un’altra angolazione e per poterle innestare con altre radici creando altri “alberi” magari più forti e rigogliosi.


Questo è quello che cerco di fare con il mio lavoro: partendo dal filo di lana che rappresenta in maniera assoluta la nostra terra, intreccio storie che possano riempire gli spazi lasciati vuoti, ridare voce alle memorie mute e nuova vita a capacità inutilizzate da tempo.

Quando racconto i miei intrecci non disegno schemi fatti di numeri e simboli rinchiusi in una pagina quadrettata, ma descrivo i colori dei pascoli in montagna, il rumore degli alberi mossi da vento, i rintocchi delle campane portati dall’eco, la fatica dei pastori che in qualunque situazione meteorologica escono con il loro gregge. 


Mi piace far riemergere storie che avvolgano le persone che mi ascoltano e le scaldino come una morbida mantella.



Ricordare per riattivare il cuore. Riattivare il cuore per prendere coraggio e ripartire.








E...state in Abruzzo knitting kal

  Anche se il clima dimostra il contrario è primavera e, accantonata la lana per un po',  la voglia di sferruzzare fili più "legger...