giovedì 27 gennaio 2022

Di ferri e di lana

 


“Mi piace pensare che l’inventore del lavoro a maglia, che giocava con bastoncini e fibra sulla soglia assolata della sua caverna, o che rimirava il suo lavoro vicino al fuoco scoppiettante, guardasse un lavoro a punto legaccio, il pane quotidiano della maglia, il punto base, sicuramente il prototipo” (Elisabeth Zimmerman).

Ognuno di noi ha una passione che assorbe più o meno le nostre giornate, la mia è il lavoro a maglia, ormai è risaputo.

 Quando vedo un bel quadro, un albero, un prato fiorito, un panorama mozzafiato, il mio primo pensiero è come adattare quell’immagine ad un intreccio di fili e, senza rendermene conto, con il dito inizio a disegnare in aria il motivo per capire se il punto funziona con il disegno che ho in mente. Poi passo alla scelta del filato che deve essere di buona qualità, resistente alla lavorazione e morbido e confortevole allo stesso tempo; inutile dire che io scelgo la lana.

 Non c’è una ragione scientifica per cui la lana debba essere meglio di qualunque altro filato, ma io ci sono affezionata, so che è calda, soffice, immortale e lavorarla mi rilassa. Il filato è quello che determina la buona riuscita di un progetto, non si può rovinare tutto cercando di risparmiare qualche spicciolo utilizzando materiale mediocre, ricordiamoci che è il nostro progetto, realizzato con le nostre mani, frutto della nostra fantasia e creatività.

 Altra cosa da scegliere con cura sono i ferri. In commercio se ne trovano di diversi materiali, dall’alluminio alla plastica al legno;  per i collezionisti ce ne sono anche di osso, di bambù, di vetro. Io utilizzo quelli in legno perché oltre che belli li torvo molto pratici: assorbendo il sudore dalle mani rendono scivoloso il lavoro premettendomi di sferruzzare anche nei lunghi e caldi pomeriggi estivi. Due righe a parte meritano i ferri circolari che sono composti da due punte unite fra loro da un lungo cavo di plastica, permettono di lavorare in tondo senza cuciture di rifinitura come ne caso di cappelli, calzettoni, ma anche maglie, cappotti ecc…

A parte tutte queste notizie tecniche ricordate che qualunque cosa abbiate in mente di realizzare, sferruzzare è una terapia manuale e mentale; è come meditare. E’ divertente, rilassante, confortante, aiuta a pensare. E’ una gran bella avventura.

"Posso lavorare a maglia. Lavoro a maglia tutto l'anno, giorno dopo giorno. È la mia passione e raramente lavoro a maglia la stessa cosa due volte allo stesso modo". (Elisabeth Zimmerman docet)

lunedì 10 gennaio 2022

Corsi & Co.



 

Chi mi segue in questa rubrica ormai ha un quadro abbastanza completo del tipo di lavoro che svolgo, come lo svolgo e quanto mi piaccia farlo. “Lavortimento” è un termine che ho coniato parlando con un’amica, ma questo non deve ingannare perché dentro questa parola c’è tanto studio e tanta ricerca e non ultima molta esperienza che si fa sul campo, risultato di infinite prove, molte fallite, alcune riuscite e ogni volta si rincomincia perché si ha sempre davanti una situazione diversa e persone diverse. Oggi voglio parlarvi dei laboratori o workshop se volete, per adulti e bambini. Bruno Munari, artista e designer italiano, interessato a quelli che sono i temi di sviluppo della creatività e della fantasia nell’infanzia, parlava di laboratorio come “luogo della migliore educazione, la creatività come ricerca sincera di varianti”.


Forse non tutti sanno che prima di proporre un workshop faccio una lunga ricerca sul tema che voglio proporre. E’ una vera e propria fase di studio e di progettazione che può durare molto tempo. Lo sperimento in prima persona perché è necessario che vengano provati i materiali giusti, vengano scelti i gesti e le azioni corrette, le variabili possibili perché è necessario capire in quali direzioni potrebbe andare. Quest’ultima fase è forse la più importante perché determina la buona riuscita di un laboratorio.



All’inizio di ogni attività racconto sempre un po’ della mia storia, e la storia dei materiali che verranno utilizzati per entrare insieme in un mondo diverso da quello vissuto abitualmente, più rallentato e emozionale, una volta varcata la soglia dell’universo creativo dico ai partecipanti come fare, mai cosa fare per rispettare l’individualità e la fantasia di ognuno.



Oggi è importante imparare a scegliere tra la miriade di cose che offre il mercato, per i bambini certamente, ma anche per gli adulti. Il risultato di queste attività banalmente vengono chiamati “lavoretti”, uguagliando ogni proposta. E’ un termine doloroso che non racconta di quella preparazione che ci vuole per progettare un buon laboratorio, né dell’esperienza che è necessaria per condurlo; è un termine che soprattutto non rende giustizia alla serietà che ci mette il bambino o l’adulto quando si appresta a fare una cosa sua, unica quindi, perché sono proprio queste attività che danno luogo alla creatività, alla libertà, alla sperimentazione, alla scoperta, all’apprendimento e alla capacità di osservazione. E’ anche per questo motivo che nei miei corsi non mostro prototipi perché potrebbero condizionare. Io mi limito a dare gli strumenti necessari per poter lavorare, il resto è personale. Partire dall’esperienza, passare per il simbolo e arrivare al concetto, questo è il percorso che mi piace seguire; avvicinare le persone all’arte attraverso il “fare”, l’osservazione della natura, la sperimentazione dei materiali, strumenti e tecniche e farlo insieme, per capire.



“Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere tutto quello che si vuole, colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose… La semplificazione è il segno dell’intelligenza”, questo succede in un laboratorio si scompongono le complicazioni e, alla fine se ne esce fuori rinforzati. 



E...state in Abruzzo knitting kal

  Anche se il clima dimostra il contrario è primavera e, accantonata la lana per un po',  la voglia di sferruzzare fili più "legger...