“E
domani è Santo Giovanni/fratello caro: è San Giovanni./Su la Plaia me ne vo’
gire/per vedere il capo mozzo/dentro il sole all’apparire/per vedere nel piatto
d’oro/tutto il sangue ribollire” (da “La figlia di Iorio” G. D’Annunzio)
Nonno
Paris aveva promesso ai bambini di portarli a fare una passeggiata notturna in
montagna la notte di San Giovanni ed eccoli tutti indaffarati a prepararsi lo
zaino e riempirlo di dolcetti (essenziali per la veglia al falò che era stato
organizzato in paese), te caldo alla menta che aveva preparato la nonna e una
mantella anti pioggia (perché non si sa mai!!!). Torcia in mano eccoli lì
pronti per la loro avventura!
Nonno,
ma ancora è chiaro fuori! Certo, questi sono i giorni del solstizio d’estate,
le notti sono brevi. Dovete sapere che il 21 giugno il giorno è più lungo della
notte perché il sole sorge e tramonta
sempre nella stessa posizione: è per questo che si chiama “solstizio”, vuol
dire sosta del sole. Dal 24 giugno (giorno in cui la Chiesa ricorda la nascita
di San Giovanni) riprende i suoi normali spostamenti e piano piano le giornate
si accorceranno fino ad arrivare al 21 dicembre, giorno del solstizio
d’inverno, quando la notte sarà più lunga del giorno e il ciclo si ripeterà!
Ma
adesso attenti che dobbiamo trovare le erbe che abbiamo promesso alla nonna per
i suoi lavori: menta selvatica da unire alla lavanda per profumare gli armadi;
iperico per farci l’oleolito che servirà per lenire gli arrossamenti della
pelle e il decotto di fiori e radici per tingere la lana e un po’ di noci da
mettere in infusione per ricavarne un liquore delizioso!
Ai
bambini sembrava tutto una favola: correvano e saltellavano di qua e di là
lungo la valle, ogni tanto si fermavano a sentire il verso degli animali
notturni; c’è stato un momento che gli era parso di scorgere una volpe tra i
cespugli di un rovo di more.
Il cielo era pieno di stelle. Guardate verso Est,
disse il nonno, tra le costellazioni del Cigno e dell’Aquila, questo immenso
“prato” di stelle si chiama Via Lattea e lì, verso sud, c’è Antares, la stella rossa,
e ormai alto nel cielo, Il grande Carro e, a sfiorare l’orizzonte, Cassiopea…
Ma quante cose sai nonno? Beh! Anch’io ho avuto un nonno che mi raccontava come
riconoscere le stelle per potermi orizzontare quando con il gregge mi trovavo
in montagna! Beh, è ora di scendere in paese, la campana rintocca la mezzanotte
e stanno accendendo il fuoco.
Il
falò di San Giovanni, antica tradizione pagana che si ripeteva ogni anno per
propiziare i raccolti; tra il fumo del fuoco veniva fatto passare il bestiame
per proteggerlo dalle malattie, e, quando la fiamma si abbassava, tutti
saltavano le braci con un desiderio in mente da realizzare e alla fine, intorno
agli ultimi bagliori si cantava, si ballava e si mangiavano dolcetti fino
all’alba quando le ragazze, guardando il sole, cercavano di prevedere il loro
matrimonio.
Dopo
una notte così eccitante i bambini rientrati a casa sono crollati sulle
poltrone e nonna Diomira, tolte le noci
dagli zaini, incominciò a preparare il nocino (una parte le lasciò per tingere
la sua lana). Se volete provare a farlo, avrete bisogno di 13 noci (la
tradizione vuole che il numero deve essere sempre dispari), 1 lt di vino rosso (buono),
250gr di zucchero, 250gr di alcol. Lavare le noci, tagliarle a spicchi e
metterle in un vaso capiente in infusione con il vino, coprire con una garza e
lasciare al sole per 40 giorni passati i quali filtrate l’infuso, aggiungete lo
zucchero e l’alcol, mescolate bene e imbottigliate. Lasciate decantare per
almeno un mese e il mitico “nocino” è pronto da gustare.