lunedì 27 maggio 2019

Le mie storie di fili




In quanti modi si possono scrivere le storie? Con la penna certo, con la tastiera di un computer, con il pennello dipingendole, io le mie le scrivo con i fili. Fili di lana, di cotone, di lino, fili interminabili che si intrecciano tra i miei ferri e uncinetti o tessono trame nei miei telai e sembrano non finire mai. Fili che tengono un discorso, che raccontano la strada che hanno percorso, le persone che hanno incontrato; fili che avvolgono e proteggono. 



Da quando sono nata non ricordo un momento della mia vita in cui non fossi circondata da fili, stoffe, aghi, ferri, uncinetti, libri, disegni, schemi. Il cesto dei lavori di mia mamma nell’angolo della sala traboccava sempre di ogni tesoro, mai lo ricordo vuoto, sarà per questo che per me è stato naturale sperimentare, creare, intrecciare. Lo facevo per rilassarmi, intrecciare fili era come inventare sempre nuove storie. 

Foto presa dal web

I fili mi hanno sempre affascinato per la diversità di forme che possono prendere dipendentemente dagli attrezzi che si usano, per i colori che possono farti felice o triste secondo le gradazioni che si usano, per la sensazione di serenità che ti sanno dare quando ci intrecci un progetto. 



Dopo anni di sola passione, ho cambiato prospettiva ai miei obiettivi e ho fatto dei fili la mia vita, ho aperto un laboratorio artigianale e l'ho chiamato "I campi di mais" perché è un sogno realizzato. 



Non è stata una scelta facile, essere artigiana artistica in una società che ha fatto del consumismo la propria ragione di vita è una vera corsa ad ostacoli tuttavia mi sta bene addosso e non riuscirei a fare altro. 



L'artigiano artistico è la persona che custodisce le radici di un popolo, le cura, le contamina con altre forme di culture, contribuisce alla loro crescita per consegnarle alle generazioni future ancora più ricche e continua a raccontarle perché è curioso, creativo, alternativo; riesce a guardare oltre e dare un'anima ad ogni cosa. Questo mi spinge a non arrendermi, a trovare sempre nuove strade, a pormi nuovi obiettivi. 



Gustav Mahler diceva: "Tradizione non vuol dire culto delle ceneri, ma custodia del fuoco". E io sono fiera di tenere vivo questo fuoco perché per progredire bisogna avere delle radici ben salde e conoscerle bene affinché si possano accogliere altre culture.

(Questo articolo è stato pubblicato nella rubrica settimanale "Le vie della Lana" del quotidiano d'Abruzzo Il Centro il 26 maggio 2019)


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