Con il passare del tempo i ricordi smettono di essere immagini e diventano profumi, perché sono più leggeri e non hanno bisogno di molto spazio nella memoria per essere archiviati. In verità non sono rinchiusi in scomparti, ma se ne vanno a zonzo per tutti gli angoli del cervello uscendo fuori all'improvviso per scherzare con il cuore che, preso di sorpresa, inizia a battere all'impazzata.
Non so i vostri, ma i miei ricordi profumosi si accentuano durante le festività e meno male, aggiungerei, perché sono talmente inebrianti che tengono a bada i brutti pensieri.
Pasqua: primavera, ritorno delle rondini, fiori colorati ovunque, cioccolata, uova e delizie culinarie di ogni genere.
Pasqua: a differenza del Natale usanze e tradizioni non sono state contaminate o sostituite da Hollywoodiane fantasie così in ogni piatto, in ogni simbolo, in ogni usanza c'è la vera essenza vitale di un borgo, di un paese, di una città.
In Abruzzo, terra dalle tradizioni millenarie, dove ogni storia ha legami profondi con il passato, la Pasqua è caratterizzata da un forte spirito religioso, ma anche i "riti" gastronomici non scherzano!
Fiadoni. Tra i tanti profumi che uscivano in questo periodo dalla cucina di mia nonna Agnese, quello dei fiadoni era senz'altro il più goloso. Tartine rustiche a base di formaggi di ogni tipo. Li faceva solo a Pasqua per questo erano speciali. Naturalmente erano più grandi di quelli che ho fatto io e che vedete in foto perché le nonne, si sa, guardano tutto con gli occhi dell'amore, quelli che ingrandiscono ogni cosa, soprattutto il cibo!
Nati nel periodo rinascimentale dalla fantasia di tale Cristoforo di Massibugo, cuoco al servizio della famiglia Estenze di Ferrara, vennero in Abruzzo, si mormora, per via dello zafferano, preziosa spezia che il suddetto cuoco utilizzava tra gli ingredienti del ripieno di tale succulento spuntino [(volete la ricetta originale? La trovate nel suo "Libro novo nel qual si insegna a far d'ogni sorte di vivanda") che vi devo dire i cuochi sono sempre stati idoli, anche quando venivano chiamati "scalco" invece che "chef" n.d.r.].
Che altro dirvi? La parola fiadone è una latinizzazione della germanica fladen che vuol dire "cosa gonfia"; come dite? La ricetta? Sì la ricetta giusto. Qui le cose si fanno più complicate perché se anche voi avete avuto a che fare con le nonne sapete bene che i loro ricettari sono a improvvisazione: un po' di questo, un pizzico di quest'altro, giusto un filo di olio e la farina? "Quella che si raccoglie!"
Per chi non ama il rischio, comunque, eccovi la mia ricetta dei fiadoni (più o meno precisa).
Per la sfoglia vi occorrono 500 gr. di farina, 1 bicchiere di vino bianco, 1 bicchiere di olio, 3 uova. Per il ripieno 500 gr di formaggi misti grattugiati (150 gr di semistagionato vaccino, 250 gr di pecorino stagionato [molto stagionato], 50 gr di ricotta di pecora, 50 gr di semistagionato misto), 2 uova, un pizzico di pepe nero. Naturalmente se non amate il sapore forte del pecorino potere invertire le dosi, ma il sapore non sarà lo stesso, avvisati!
Stendere la pasta sfoglia non troppo sottile, aiutati da un piattino da caffè tagliatela a cerchi nei quali adagerete un cucchiaio di impasto di formaggi, pizzicate la sfoglia tutto intorno a formare dei piccoli cestini, decorate con grate, spennellate con un uovo e infornate a 180° per 20 minuti circa.
Se preferite la forma a mezza luna, tirate la sfoglia a formare delle strisce larghe 5-8 cm, adagiare un cucchiaio di pasta di formaggi, ripiegare la sfoglia su se stessa, tagliare a mezza luna e sigillate i bordi con i rebbi di una forchetta, spennellare con l'uovo e infornare a 180° per 20 minuti circa.
Voilà! il mio cestino di fiadoni pronto per essere gustato in compagnia di amici per uno sfizioso aperitivo pasquale, magari in giardino godendo del tepore del sole primaverile...
...oppure essere confezionato per un augurale presente
"...quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose,soli, più tenui ma vividi,più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo".
Marcel Proust (Alla ricerca del tempo perduto)
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