venerdì 10 aprile 2015

Un filo è un filo è un filo....





                                

Rubrica Le vie della Lana: secondo articolo pubblicato su Il Centro dell'8 aprile 2015


Quanti significati può avere la parola filo, ci abbiamo mai pensato?
Il filo di un discorso, sul filo del rasoio, vita appesa a un filo, il filo rosso di una storia, vittoria sul filo di lana, un filo di olio. Potremmo continuare così all'infinito e, pian piano, renderci conto che tutta la nostra esistenza è intrecciata da un filo.
 La mia, nello specifico, è totalmente sommersa da infiniti fili di lana e ogni volta che ne prendo uno per iniziare un lavoro, non posso fare a meno di pensare a tutto il lavoro che c’è prima che diventasse un gomitolo. Già, sto pensando ai pastori: veri custodi del territorio.
In un passato neanche troppo lontano la nostra è stata una Regione la cui economia si reggeva proprio sulla pastorizia; ogni paese delle nostre montagne possedeva da quaranta a cinquantamila pecore; in quel periodo la ricchezza delle persone si misurava proprio in pecore, non in soldi (è da questo animale che deriva la parola “pecunia” a cui abbiamo dato il significato di “soldi”).
Per decenni i pastori sono andati avanti nel loro lavoro percorrendo di pari passo le strade della tradizione e dell’innovazione fino al momento in cui quest’ultima  ha preso il sopravvento seguendo la strada della tecnologia lasciando in disparte la tradizione pensando fosse un’inutile zavorra ed è stata una scelta sbagliata perché la tradizione è il pozzo in cui attingere quando si cerca un’idea per un nuovo progetto; è la radice che ci permette di far crescere nuove piantine da lasciare alle generazioni future.
Fortunatamente in questi ultimi tempi le cose stanno cambiando e nuove generazioni di pastori stanno riportando sul mercato un lavoro così nobile con tanta tenacia e nuove idee e verrà il momento in cui le due strade si ricongiungeranno!



Ed ora, nel secondo appuntamento della nostra rubrica, riprendiamo il nostro mandala; ricordate il tubolare fatto con le dita? E’ giunta l’ora di dargli una forma.
 Se non lo avete fatto molto lungo potrebbe diventare uno scalda collo/collana se lo avvolgiamo un paio di volte su se stesso bloccandolo qua e là con anelli di legno per esempio o con fibbie o, magari, facendo semplici nodi.


 Se, invece, vi siete fatti prendere la mano e avete intrecciato 300 grammi di filato, vi potete cimentare nella confezione di un poncho/mantella seguendo queste semplici istruzioni: anche questa volta non utilizzeremo attrezzi, bensì le nostre braccia. Avviare 8 maglie sul braccio sinistro (come si fa con i ferri), far passare la mano destra nella prima maglia e inserire l’anello formatosi nel braccio destro e così via per tutte le maglie. Ripetere il lavoro per 20 giri (alternando il braccio sinistro e il braccio destro) e chiudere le maglie accavallandole. Per la confezione del poncho cucire, a punti nascosti, il margine di chiusura al margine laterale sinistro.


(questo è il mio poncho pubblicato su Le idee di Susanna di gennaio 2015)

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